Shining
Regia: Stanley Kubrick
Anno: 1980
Voto: 10/10
Dal genio di Stanley Kubrick, uno dei più famosi ed indimenticabili “esperimenti” cinematografici horror. Un lungometraggio che è sintesi, analisi ed esplorazione del cinema stesso.
Jack Torrence (Jack Nicholson), uno scrittore (fallito) in cerca di ispirazione (e di un impiego che gli permetta di mantenere moglie e figlio), decide di accettare l’incarico di guardiano dell’Overlook Hotel, durante la chiusura invernale. L’albergo è in Colorado, fra montagne che diventeranno inaccessibili a causa della neve.
Questo dettaglio non scoraggia Jack dal portarsi dietro la famiglia, pur sapendo che cinque mesi di isolamento avevano già provocato un episodio di claustrofobia folle (dieci anni prima, un altro guardiano era impazzito ed aveva sterminato al famiglia a colpi d’ascia).
Jack ha bisogno di soldi e di sfuggire al proprio fallimento, ma finirà con l’essere ingoiato dall’hotel, che è fortezza inespugnabile, haunted house, nave fantasma, intrico cerebrale labirintico e folle.
Wendy (Shelley Duvall), la moglie, segue il marito. Spera che l’isolamento e la convivenza forzata riescano a rinverdire un rapporto un po’ grigio col marito, assente anche nella vita del figlio. Le maglie dei rapporti fra di loro si stringeranno, ma come un cappio.
Danny (Danny Lloyd), il figlio, ha il dono della preveggenza (la luccicanza). E recita il ruolo di “narratore interno onniscente”, anche se inconsapevolmente. Danny sa che l’Overlook è un’immensa voragine, aperta su un inferno ricoperto di neve e ghiaccio. Un inferno che è specchio di se stesso. Bene e male che si affrontano e si confrontano e si bilanciano, costantemente.
Mr. Halloran (Scatman Crothers), il cuoco, ha il dono della luccicanza. Ha già visto la tragedia ancorata al passato e presente quella che sta proiettandosi nel futuro della famiglia Torrence. Tenterà di mettere sull’avviso Danny.
Lloyd (Joe Turkel), è contemporaneamente, barman, guardiano (quello della strage familiare) ed anfitrione infernale. Tenterà di convincere Jack a reiterare la strage e consegnare la famiglia alla ridda di fantasmi inquieti che infestano le stanze ed i corridoi dell’albergo. Falliranno entrambi: Jack morirà, ucciso dalla sua stessa follia ed Halloran pagherà con la vita il suo interferire con i progetti malevoli dellOverlook.

Shining
Quando Stephen King scrive The Shining (pubblicato nel 1977) ha in mente una storia d’individui dotati di poteri sovrannaturali, coinvolti in una strenua lotta contro il conformismo della provincia americana, di possessione demoniaca, di mondo ultraterreno ed invisibile (fenomeni denunciati come sintomi dell’annientarsi del nucleo familiare).
Ma Stanley Kubrick riesce ad andare oltre: raccoglie, introietta ed elabora l’idea kinghiana arricchendola, mistificandola, ampliandone lo spettro significativo, fino ad elaborare un “progetto” cinematografico che non appartiene più a King, ne’ alla letteratura, ne’ all’horror tout court.
“Immagini sonore in movimento”…questa è la più semplice definizione accademica del termine “cinema” ed è anche il messaggio (subliminale?) reiterato dallo shining che è luccicanza, che è cinema.
I fantasmi che popolano l’Overlook Hotel si comportano come demoniaci spezzoni di realtà cinematografica: dall’Età dell’oro, rappresentata dalla Gold Room anni ’30 (mitica era dell’avvento del sonoro) alla Red Room, che è gioco linguistico (leggendo al contrario viene fuori la parola murder, assassinio), che è riferimento all’horror ma, più sottilmente, all’evoluzione, alla mutazione (imputridimento?), all’aberrazione dell’immagine cinematografica, non più racconto, ma linguaggio violento ed irrelato.
Un’analisi dettagliata, completa e risolutiva di Shining (“The Shining”) è impresa titanica e certosina: Kubrick condensa la storia di una miriade di riferimenti che, a ben guardare, finiscono per rivelarsi (quasi) sempre auto-referenziali (il “suo” cinema, le sue storie) e meta-cinematografiche (la storia del cinema, dalle origini ad oggi): il gioco prospettico del doppio (le gemelle del “vieni a giocare con noi?”, per fare un esempio banale), il gusto sottile per l’enigma numerico e linguistico, lo stesso giardino-labirinto (nel romanzo non c’era: King si è sentito in dovere di chiedere spiegazioni, ma è stato liquidato velocemente) che è alter-ego psicanalitico dell’Overlook (o, più semplicisticamente, riequilibratura simbolica tra i meandri grondanti sangue dell’Hotel Horror ed i freddi, squadrati, inconoscibili sentieri della mente umana).
Kubrick dimostra, ancora una volta, di essere un impareggiabile sperimentatore tecnico: in The Shining farà il suo debutto la steady-cam, per le riprese in esterno, (soprattutto quelle girante nel labirinto), perché l’instabilità simbolico-psicologica dei protagonisti fosse chiara e visibile anche sullo schermo.

Shining
Il film è diviso in otto capitoli (Il colloquio, Chiusura, Un mese dopo, Martedì, Sabato, Lunedì, Mercoledì, Ore 16), spezzoni temporali che si comprimono man mano che il tempo passa dai mesi ai giorni alle ore.
La luccicanza non è solo un fenomeno paranormale, ma l’intrecciarsi di presente, passato e futuro che sfociano nel labirinto della pazzia. E’ riconoscere, attraverso il passato, le minacce annidate nel presente (Danny e Mr. Halloran e Jack, infatti, vivono a cavallo del presente e del passato, loro malgrado).
Anche lo spettatore è trascinato all’interno del labirinto spazio-temporale dello shining, attraverso lo spazio infinito dei corridoi dell’albergo, sentiero infinito ed insensato (è impossibile orientarsi o costruire una mappa mentale dell’albergo). Ogni anfratto, ogni porta, ogni androne, ogni corridoio può risucchiare in dimensioni temporali diverse.
La proiezione cinematografica è luccicanza, quella che permette a chiunque di vivere in più luoghi, nel presente nel passato e nel futuro (come fanno i fantasmi dell’Overlook Hotel).
Lo spazio ed il tempo si sovrappongono continuamente, si sdoppiano, si inseguono. Come cani che si mordono la coda.
Ne è un esempio l’infestatissima stanza 237 (teatro di eventi luttuosi e spiacevoli). Padre e figlio entrano ed escono, vivendo entrambi esperienze significative e traumatizzanti. Ma la telecamera ci fa vedere Danny che entra nella stanza ed il padre uscirne, come fossero elementi consequenziali di un’unica azione.
Piccole curiosità…
Il film è direttamente legato a Blade Runner di Ridley Scott (1982): avete presente la sconfinata e fitta foresta che accompagna la famiglia Torrence, nel suo viaggio verso l’Overlook? E’ la stessa dei titoli di coda del film di Scott. Il finale di Blade Runner, tutt’altro che ottimistico, è stato tagliato e sostituito con gli “avanzi” del girato di Shining (per sembrare un lieto fine tranquillizzante). La parentela tra i due film non finisce qui. Lloyd, il barista dell’Overlook è il presidente della Tyrell Corporation di Scott.
Gli esterni dell’Overlook sono stati girati (effettivamente) negli States, ma le scene interne sono state girate in Inghilterra. Forse non tutti sanno che…Kubrick odiava prendere l’aereo. Una fobia che gli ha impedito di ritirare numerosi Oscar e che gli ha fatto “girare” Full Metal Jacket (1987), in un Vietnam a base di palme finte e cielo plumbeo dei sobborghi di Londra (dov’erano i set).
Ammettetelo, avete notato l’incredibile somiglianza di Wendy con Olivia di Braccio di ferro.
Non siete ipercritici e cinici. E’ esattamente il ruolo che Shelley Duvall interpretava in Popeye – Braccio di ferro, diretto da Robert Altman sempre nel 1980. Ed è proprio questa interpretazione ad aver colpito favorevolmente Kubrick (mah!).