Early e Adele

Kalifornia (1993), regia di Dominic Sena.

Uomini e donne alle prese con un viaggio (della coscienza?) che è scoperta di sé e stravolgimento delle consuetudini: una danza del “doppio” che mescola luce ed oscurità. Early e Brian, Adele e Carrie…facce della stessa medaglia.

L’aspirante scrittore Brian (David Duchovny) e la sua fidanzata, la fotografa Carrie (Michelle Forbes), programmano un tour sui luoghi di delitti celebri, ma hanno bisogno di due compagni di viaggio per dividere le spese. Gli unici che rispondono all’annuncio che Brian ha affisso in una bacheca dell’università, sono Early (Brad Pitt), un pregiudicato in libertà vigilata, e l’ingenua ed infantile Adele (Juliette Lewis), cameriera in una tavola calda d’infimo ordine.

Il viaggio iniziatico verso la California, attraverso le tappe fondamentali dell’omicidio seriale, configura “Kalifornia” come un horror “on the road” (perché un film sia definito “on the road”, infatti, è necessario il movimento da un punto a un altro, cioè un movimento “verso”).

“Duel”, diretto da Steven Spielberg nel 1971 e “The Hitcher – La lunga strada della paura” diretto da Robert Harmon nel 1986, ne sono una valida rappresentazione, anche se è ingenuo il terrore dai contorni metafisici in “Duel”, mentre ben definito è il personaggio dell’aggressore cui dà vita Rutger Hauer in “The Hitcher”.

Sena, poi, nel delineare la vicenda del giovane scrittore, che si spinge sui luoghi di efferati delitti avendo come compagno di strada un “serial killer”, vero e proprio, aggiunge un tocco d’ironia.
Le due coppie protagoniste sono in fuga da una vita opprimente e scialba.
La coppia “borghese” (Brian e Carrie) non sembra trovare attorno a sé un ambiente culturale reattivo: Brian non ha più l’ispirazione per portare a termine il suo saggio sui “serial killer”; sono respinte dagli editori, perché troppo osé, le immagini di nudo di Carrie.

Più netta la necessità di cambiar vita per Early ed Adele: a corto di soldi per pagare l’affitto, il giovane psicopatico uccide il padrone di casa.

Su entrambe le coppie, la California, luogo mitico in cui trionfano libertà e cultura (dove Early sarà finalmente libero da controlli di polizia) effettua un richiamo molto alto. Tra i quattro inizia subito un gioco di irretimento e di attrazione reciproci, che agisce soprattutto sugli elementi più deboli delle due coppie.

Adele, ingenua ed infantile, rimane affascinata da Carrie, colta ed emancipata; viceversa è Brian a risentire della personalità di Early, ed a farsi coinvolgere in azioni per lui anomale, come ubriacarsi, partecipare ad una rissa, maneggiare una pistola.
Come già in “The Hitcher”, si crea un’ambiguità di fondo tra vittime e carnefice: Brian che per tutto il film si dimostra incapace di atti realmente violenti, arriverà ad uccidere Early.

In viaggio verso l’orrida Kalifornia: “psicopatico è chi lo psicopatico fa”?

L’andamento della narrazione segue le regole classiche del genere: i primi delitti, lo smascheramento del “killer”, la modifica dello “status” dei passeggeri da compagni di viaggio ad ostaggi, la fuga e l’inseguimento, il finale drammatico. La brutalità, l’assurdità delle uccisioni di Early è equiparata all’inutilità delle morti atomiche della sequenza finale, girata all’interno di polverose casette nel deserto, tra manichini usati negli scorsi decenni per registrare gli effetti delle esplosioni nucleari.

La morte e la vita appaiono ugualmente inutili, entrambe noiose, buttate via tra le incomprensioni della quotidianità di un’esistenza, geograficamente e culturalmente, provinciale.

America nerissima, violenta, ignorante, quella di “Kalifornia”, popolata di rozzi e scaltri individui come Early, il “serial killer”, giovani donne, sciocche e maltrattate, come Adele, che sopporta le angherie dell’amante, perché costretta, dalla necessità e da un passato costellato di violenza, ad accettare il male minore, ma anche di ipocriti benpensanti come Brian e Carrie che, trincerati nei propri pregiudizi, affermano di odiare armi, violenza e tutto ciò che non è politicamente corretto, convinti che il crimine sia la diretta conseguenza dei disagi sociali.

Alla resa dei conti, però, Carrie dimostra solo disgusto per le disavventure della povera Adele, che le confida di essere stata violentata in giovane età ed inorridisce al pensiero di dover viaggiare con Early, che si toglie le scarpe a tavola e che è stato in galera.

E Brian, lo scrittore, convinto assertore della non-violenza, si scopre attratto dalla brutalità di Early: impugna un revolver e spara contro le vetrate di un capannone abbandonato, pur di compiacerlo, ma alla fine s’identifica con la sua violenza, quando, per salvare Carrie da morte certa, colpisce ripetutamente e poi uccide l’amico-nemico. “Kalifornia” scava con violenza dentro le contraddizioni del crimine e le doppie anime dei personaggi.

Early è l’ennesimo “serial killer” senza storia e senza identità dell’universo splatterpunk, uccide gratuitamente, spinto da un impulso primario che è quello di Henry, di Lecter, di Doe, mostri disumani e crudeli eppure plausibili e, per questo, inquietanti.

Evidenti sono, anche i riferimenti alla sessualità, nelle fotografie che Carrie definisce artistiche, ma che rimandano ad  un’iconografia prettamente pornografica, nella sequenza, (volutamente ostentata), che ci mostra due cani nell’atto di accoppiarsi, e che rimanda alla sessualità, meccanica e distaccata, dei protagonisti umani.

Innocenza, stupidità, ferocia e perversione sono sempre in agguato, in società, quella descritta da Sena, priva di eroi, d’identità, di valori morali.

Author: Mafalda Laratta

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