Il mondo dei robot
Regia: Michael Crichton
Anno: 1973
Voto: 8/10
In una sorta di Disneyland per adulti, popolata da perfetti robot, si possono provare brividi di lussuria o di violenza in epoca romana, medioevale e western.
Finché una cattiva manutenzione porta al collasso l’intero sistema e gli automi, guidati da un pistolero nerovestito, scatenano un’apocalittica rivolta contro gli ospiti umani.
Due turisti americani, John Blane (James Brolin) e Peter Martin (Richard Benjamin) decidono di acquistare uno dei pacchetti vacanza offerti dalla società Delos e di spendere 1000 dollari al giorno per rivere le emozioni (ed i disagi) della vita di frontiera del lontano 1880.
L’ambientazione western è perfetta in ogni particolare, offre ogni sorta di svago e di sfida, all’insegna del “tutto è permesso, purché vi divertiate”. Uccidere cowboy, pistoleri e fuorilegge è il minimo. Infatti, incontrano il pistolero per eccellenza (Yul Brynner) che sfida Martin a duello e soccombe (subito dopo) nel rispetto delle Tre leggi della robotica, elaborate da Asimov negli anni ’40: “Un robot non può recar danno a un essere umano, deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, deve proteggere la propria esistenza (ma mai a capito degli esseri umani)”.
Le pistole in dotazione a Westoworld, del resto, sono abilitate a sparare solo su oggetti freddi, per non correre il rischio di ferirsi o ferire qualche altro (malcapitato) turista.
A Romamundia, Medioevonia e Westernlandia (rispettivamente RomanWorld, MedievalWorld e WesternWorld, nell’originale), tutto fila liscio fino al momento in cui una sorta di virus di sistema si diffonde di robot in robot, causando azioni senza controllo ed un’aperta ribellione agli umani. Ha inizio, così, una vera e propria carneficina, alla quale partecipa anche il pistolero, ucciso in più di un’occasione e deciso a vendicarsi degli umani che lo hanno sfidato e sconfitto in duello (non proprio ad armi pari). I fronti saranno capovolti. Gli umani potranno ben poco contro l’ultimo modello, quello dotato di vista all’infrarosso ed udito capace di percepire anche gli ultrasuoni.
E’ proprio la vista cibernetica, riproposta in soggettiva robot/Brynner, l’unico effetto speciale creato al computer (e per quei tempi è già tanto, visto che richiese mesi di lavorazione per ottenere pochi speciali fotogrammi).
Il regista, Michael Crichton, di nuovo alle prese con l’inquietudine legate alla tecnologia in Coma profondo (“Coma”) nel 1978,costruisce Il mondo dei robot intorno al tema (tanto caro al genere fantascientifico) della ribellione delle macchine, introducendo temi che torneranno più evidenti in film successivi e riferimenti a film precedenti.
La caccia all’uomo del robot che cerca di uccidere gli umani di turno è anche quella del cyborg/Schwarzenegger di Terminator (James Cameron, 1984) con altrettanta soggettiva robotica all’infrarosso.
L’imprevedibilità dei computer e le loro pericolosissime disfunzioni erano già chiarissime in 2001: Odissea nello spazio (Stanley Kubrick 1968), con l’onnipotente cervello cibernetico di HAL, capace di prevedere ed annullare ogni tentativo di sabotaggio a suo danno.
Robot che vogliono vivere e che sono disposti ad uccidere, come quelli (perfetti in ogni particolare) di Blade Runner (Ridley Scott, 1982).
Ambientazioni, robot, situazioni. Tutto sembra reale, ma è fondamentalmente finzione sempre sul punto di svelare se stessa. I set, all’interno dei quali si muovono e si mescolano umani e non-umani, sono ricostruzioni fedeli, sono palcoscenici cinematografici all’interno di studi cinematografici veri e propri (quelli del film stesso).
L’aereo supersonico che accompagna i turisti alle loro destinazioni sembra un aereo Stealth (quelli a forma di triangolo e non rintracciabili dai radar) lascia presupporre una società progredita tecnologicamente (illusione che si infrange immediatamente contro gli occhiali tanto anni’70 di uno degli attori del cast).
Sono cammei di pellicola, che rimandano alla storia del cinema nel suo insieme.
Il set dedicato all’antica Roma (ricostruzione sommaria di Villa Adriana a Tivoli, con la sua vasca rettangolare ed i giardini e la profusione di statue), richiama alla mente kolossal della portata di Quo vadis? (Mervyn LeRoy, 1951), Spartacus (Stanley Kubrick, 1960) ed il famoso Cleopatra (Joseph L. Mankiewicz, 1963) con Elizabeth Taylor e Richard Burton.
Il set dedicato al medioevo richiama alla mente i set color pastello di La passione di Giovanna d’Arco (Carl Theodor Dreyer, 1928) o Le sei mogli di Enrico VIII (Alexander Korda, 1933).
Il set dedicato al western, inutile dirlo, rimanda a tutti i film western della storia del cinema ed ai cliché noti: le scazzottate nel saloon, la rapina in banca e l’evasione dal carcere a forza di dinamite. Niente che nono si sia già visto in Il buono, il brutto, il cattivo (Sergio Leone, 1966). Con l’unica differenza che il buono sopravvive (il bello e il cattivo, no) e che non ci sono indiani ad attaccare un’eventuale diligenza.
In Il mondo dei robot ci sono già degli indigeni mal disposti e sono i robot.
Anche il cast richiama e ripropone la storia del cinema e la fantascienza.Il Supervisore capo della costruzione e manutenzione dei robot è interpretato da Alan Oppenheimer, il dottor Rudy Wells de L’uomo da sei milioni di dollari (serie tv andata in onda fra il 1974 e il 1978). E’ lui il primo ad ammettere che nemmeno gli scienziati che hanno costruito i robot sanno effettivamente come funzionano perché programmati da computer (ed i computer chi li ha programmati? mistero).
Il robot-pistolero-impazzito è Yul Brynner, premio Oscar come miglior attore in Il re ed io (Walter Lang, 1956) e passato alla storia per la sua interpretazione di Ramsete II ne I dieci comandamenti (Cecil B. DeMille, 1956). E’ lui, vestito da cavaliere nero ad attraversare i tre mondi pur di uccidere l’unico sopravvissuto, racchiudendo (uno e trino) l’epoca romana, il medioevo ed il western, contemporaneamente.
Il mondo dei robot è decisamente un cult del genere fantascientifico, ma anche uno dei primi ibridi horror/sci-fi.
In linea con la politica cinematografica attuale (che tira a produrre superflui rifacimenti piuttosto che sovvenzionare nuove idee) era previsto un remake del film di Crichton, annunciato per il 2011, poi per la metà del 2012, ma che non è ancora arrivato in sala (per fortuna).
Decisamente un film da vedere, prima che ne facciano un’orribile copia!